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Torno a parlarvi della mia città natale: Viterbo. Come vi ho già detto più volte la cittadina, ma nei fatti tutta la provincia, è un tripudio di bellezze artistiche, storiche e naturali. Non solo vegetazione, laghi, mare, ruscelli, montagne e boschi, la zona vanta anche delle bellissime terme. Ci sono quelle quelle un po’ più care come le Terme dei Papi, quelle a basso costo come il Bagnaccio (attualmente chiuse), e quelle che rimangono ancora libere: il Bullicame. Un bene preziosissimo e dai notevoli “poteri” curativi e anche apprezzato sin dai tempi dei tempi! Non a caso, proprio le acque bollenti del viterbese, sono state citate nella leggendaria Divina Commedia. E ora andremo a scoprire la relazione che esiste tra il Bullicame di Viterbo e Dante.
La curiosa leggenda della nascita del Bullicame
Ma prima di andare a scoprire in che modo e dove Dante racconta del Bullicame di Viterbo, vi voglio narrare una curiosa leggenda relativa alla nascita di queste acque sulfuree.
Le calde sorgenti del Bullicame rappresentavano un mistero per la gente semplice del passato. E per spiegare questo incredibile fenomeno, i nostri avi diedero vita alla leggenda del “Cavallo Animoso”.
Secondo questa storia, uno dei cavalli che trainava il carro del Sole cadde accidentalmente nella zona della sorgente. Il povero animale cercò di riemergere con tutte le sue forze, ma infuriato perché destinato ormai a rimanere sotto terra, iniziò a emettere una bava calda e spumeggiante, quella che oggigiorno è la schiuma dell’acqua termale e che sgorga alla temperatura di circa 60 gradi.
Dante e il Bullicame di Viterbo
Come dicevo in precedenza, nei pressi delle varie piscine termali ci sono delle vere e proprie sorgenti di acqua sulfurea. Tra queste c’è il Bullicame, termine che deriverebbe da bulicante, o buglicante, e usato in passato per indicare l’acqua che bolliva. A sinistra della sorgente una stele riporta i versi tratti dal XIV canto dell’Inferno della Divina Commedia in cui Dante cita il Bullicame di Viterbo:
Quale del Bulicame esce il ruscello
Che parton poi tra lor le peccatrici,
tal per la rena giù sen giva quello.
Lo fondo suo ed ambo le pendici
Fatte eran pietra, e i margini da lato;
Cercando di tradurre in italiano corrente le parole del Sommo Poeta potremmo dire: “Come esce dal Bulicame il ruscello che si dividono poi tra loro le meretrici, allo stesso modo attraverso la sabbia scorreva quello. Il suo fondo e le pareti laterali erano di pietra e e così le sponde“. Ma esattamente cosa vorrà dire tutto questo? E perché Dante ha scelto proprio il Bullicame di Viterbo per il suo XIV canto?
L’autore paragona il ruscello che si dirama dal fiume infernale Flegetonte alle acque che escono dal Bulicame di Viterbo. Il motivo risiede nel fatto che le acque sulfuree viterbesi scorrono tra argini di pietra calcarea emanando molti vapori. Inoltre, le rocce calcaree assumono anche una sorta di colorazione rossastra come il fiume suddetto.
Nel secondo verso, invece, Dante fa riferimento all’uso che si faceva delle stesse acque termali: qua sarebbero esistite derivazioni riservate alle meretrici per curare le loro malattie veneree o per lavare i loro panni. Tuttavia, c’è anche un’altra interpretazione del verso dantesco, ed è quella delle lavoranti addette alla pettinatura della canapa.
In tempi molto antichi le acque del Bullicame venivano incanalate in piscine che erano poi utilizzate per la macerazione della canapa. A tal proposito si suppone che Dante passò per Viterbo nell’anno Santo del 1300 donando a queste sorgenti, di conseguenza, una vera e propria fama.
Per capire meglio l’importanza dell’avere a disposizione l’acqua del Bullicame, dobbiamo per un attimo “teletrasportarci” nel Medioevo facendo riferimento alla scienza medica dell’epoca. In quei tempi i papi che potevano farsi assistere dai dottori più rinomati, erano curati con salassi e talvolta anche con medicinali empirici, ricavati dallo sterco di piccione, essiccato e triturato. Con l’acqua del Bullicame invece, le peccatrici senza spendere alcun soldo avevano a disposizione un rimedio estremamente funzionale per quello che più premeva loro: l’igiene e la salute intima.
Bullicame e Viterbo: le altre citazioni di Dante
Nella Divina Commedia, oltre al Bullicame, viene citata più volte la bellissima città di Viterbo. Altri versi (Canto XII dell’Inferno) raccontano la morte di Enrico di Cornovaglia, ucciso da Guido di Montfort nella Chiesa di San Silvestro, a Piazza del Gesù, proprio nella Città dei Papi.
Inoltre, viene narrato anche Ruggeri degli Ubaldini, un ecclesiastico pisano sepolto a Viterbo, che con tradimenti e manovre politiche riuscì a eliminare i capi guelfi della sua città, in particolare Ugolino della Gherardesca.
Infine, si parla anche di San Bonaventura e dei pontefici eletti quando il capoluogo laziale era sede del papato, tra cui Martino IV, collocato tra i golosi del Purgatorio a causa della sua ardente passione per le anguille del Lago di Bolsena (un altro spettacolare luogo della Tuscia).
Insomma, i legami tra Dante Alighieri, Viterbo e il Bullicame sono molti. Non a caso, nello stesso centro storico della città e nella provincia sono diverse le piazze intitolate al Sommo Poeta.
Alla prossima :*
Foto di Copertina da Wikipedia